Tommi Space

L’Arte del Procrastinare

Nonché la mia filosofia di vita

Premessa

L’articolo seguente è la mia traduzione di Structured Procrastination, ad opera del mitico John Perry, professore emerito di Filosofia all’Università di Stanford. I diritti per la traduzione sono stati gentilmente concessi dall’autore che, con mia somma sorpresa, ha risposto ad una mia email colma di ammirazione, acconsentendo alla pubblicazione in italiano sul mio sito, purché ricordassi che da questo testo è poi nato un libro, The Art of Procrastination, tradotto anche in italiano e intitolato La nobile arte del cazzeggio, titolo di dubbio gusto sul quale soprassederò.

La mia scrivania il 30 Marzo 2020
Il livello di casino sulla mia scrivania è spesso indice del livello di procrastinazione in cui mi trovo.
Nota: la traduzione letterale del titolo originale sarebbe Procrastinazione Strutturata, che è un nome terribile. Per questo, oltre ad aver intitolato questo articolo in un modo meno fedele ma, almeno, più carino, quando nel testo compariranno le parole structured procrastination eviterò di tradurle.

Buona lettura.


…chiunque può compiere qualunque mole di lavoro, ammesso che non sia il lavoro che dovrebbe fare in quel momento

Robert Benchley, Chips off the Old Benchley

Avevo intenzione di scrivere questo breve saggio da mesi. Perché lo sto finalmente facendo? Perché ho trovato del tempo libero? Sbagliato. Ho delle prove d’esame da correggere, ordini di libri da completare, una proposta della NSF da raccomandare, bozze di tesi da leggere. Scrivere queste parole è un modo per non fare tutte quelle cose. Questa è l’essenza di ciò che io chiamo structured procrastination (procrastinazione strutturata), una fantastica strategia che ho scoperto, per convertire i procrastinatori in esseri umani efficaci, rispettati e ammirati per tutto ciò che portano a termine e per la loro dote nell’utilizzare al meglio il tempo. Tutti i procrastinatori rimandano le cose che devono fare. La structured procrastination è l’arte di sfruttare questo tratto negativo a proprio vantaggio. L’idea chiave è che procrastinare non vuol dire non fare assolutamente nulla. I procrastinatori raramente non fanno niente; fanno cose marginalmente utili, come il giardinaggio, fare la punta alle matite, oppure fare un diagramma di come si riorganizzeranno i propri documenti quando capiterà di poterlo fare. Perché il procrastinatore fa queste cose? Perché sono un modo di non fare qualcosa di più importante. Se tutto quello che rimanesse al procrastinatore fosse fare la punta alle proprie matite, nulla al mondo potrebbe spingerlo a farlo. Tuttavia, il procrastinatore potrebbe essere motivato a svolgere compiti difficili, lunghi e importanti, fermo restando che questi siano un modo di non fare qualcosa di ancora più importante.

Structured procrastination significa modellare la configurazione delle proprie incombenze in una maniera che sfrutti questo aspetto. La lista dei compiti che uno ha in mente sarà ordinata per importanza. I compiti che sembrano più urgenti saranno in cima. Più in basso nella lista si troveranno comunque anche compiti proficui. Con questo sistema, il procrastinatore diviene un cittadino utile e può addirittura acquisire, come io ho fatto, una reputazione di concludere molte cose.

La situazione di structured procrastination più perfetta che io abbia mai vissuto fu quando mia moglie ed io fummo custodi a Soto House, un dormitorio studentesco a Stanford. Alla sera, con compiti da correggere, lezioni da preparare, lavoro accademico da svolgere, lasciavo il nostro cottage a fianco del dormitorio e andavo nella sala comune per giocare a ping-pong con gli studenti, o chiacchieravo con loro nelle loro stanze, o solo mi sedevo lì a leggere il giornale. Ottenni la reputazione di essere un custode formidabile ed uno dei pochi prof. nel campus che passava del tempo con gli studenti per conoscerli. Che assurdità: giocare ping pong come un modo di non fare cose più importanti, e ottenere la reputazione di Mr. Chips.

I procrastinatori spesso seguono la strada sbagliata. Provano a minimizzare i loro impegni, presupponendo che se avessero solo una cosa da fare, smetterebbero di procrastinare e le concluderebbero. Tuttavia, questo è contrario alla natura del procrastinatore e distrugge la sua più importante fonte di motivazione. I pochi compiti nella sua lista saranno per definizione i più importanti e l’unico modo per evitarli sarebbe non fare nulla. Questo è un modo per diventare un nullafacente, non un essere umano produttivo.

A questo punto potresti domandarti, e quei compiti importanti che stanno in cima alla lista e che nessuno fa mai?. Effettivamente, qui c’è un potenziale problema.

Il trucco è selezionare le giuste tipologie di progetti per la parte in alto della lista. Le caratteristiche ideali di tali progetti sono due. In primo luogo, deve sembrare che abbiano delle scadenze chiare (ma in realtà non è così). In secondo luogo, devono sembrare estremamente importanti (ma in realtà non lo sono). Fortunatamente, nella vita compiti del genere abbondano. Nelle università, la stragrande maggioranza dei compiti rientra in questa categoria e sono certo che è lo stesso per la maggior parte delle grandi istituzioni. Prendiamo come esempio l’elemento in cima alla mia lista in questo momento: concludere un articolo per un volume sulla filosofia del linguaggio. Avrebbe dovuto essere concluso undici mesi fa. Ho raggiunto un numero immenso di cose importanti come modo per non lavorarci. Un paio di mesi fa, disturbato dal senso di colpa, ho scritto una lettera all’editore per comunicargli quanto mi dispiacesse essere così in ritardo e esprimere le mie intenzioni di mettermi al lavoro. Scrivere la lettera era, ovviamente, una scusa per non lavorare all’articolo. È saltato fuori che in realtà non ero molto più in ritardo di tutti gli altri. E quanto importante è questo articolo, alla fine? Importante al punto che quando qualcosa che sembrerà ancora più importante verrà fuori, mi metterò al lavoro.

Un altro esempio sono i moduli per l’ordine dei libri. Sto scrivendo questo articolo a giugno. Ad ottobre, terrò un corso di Epistemologia. In libreria, i moduli per ordinare i libri del corso sono già scaduti. È facile prendere questo come un impegno importante con una deadline pressante (per voi non procrastinatori, noto che queste deadlines cominciano a premere una o due settimane dopo che sono passate). Ricevo promemoria quasi giornalieri dal segretario del dipartimento, gli studenti a volte mi chiedono cosa leggeremo e il modulo non compilato giace sulla mia scrivania, precisamente sotto la carta del sandwich che ho mangiato mercoledì scorso. Questo compito è vicino alla sommità della mia lista; mi disturba e mi spinge a fare altre cose utili ma superficialmente meno importanti. Ma, in realtà, la libreria è già oberata dagli altri moduli già compilati da non-procrastinatori. Posso consegnare i miei a metà estate, tutto sarà a posto. Devo solamente ordinare libri molto conosciuti, pubblicati da editori efficienti. Troverò qualche altra apparentemente più importante cosa da fare fra adesso e, supponiamo, il primo agosto. A quel punto, la mia psiche compilerà i moduli serenamente, per evitare di fare questa altra cosa.

A questo punto, il lettore attento potrebbe sentire che la structured procrastination richiede una certa abilità di auto-inganno, dato che una persona effettivamente impone costantemente a sé stessa uno schema piramidale. Esattamente. Tale persona deve essere in grado di riconoscere e dedicarsi a compiti dall’importanza gonfiata e scadenze improbabili, mentre si auto-illuderà che sono importanti ed urgenti. Questo non è un problema, poiché pressoché tutti i procrastinatori sono ottimi ingannatori di sé stessi. Cosa potrebbe essere più nobile di usare un difetto del proprio carattere per per rimediare agli effetti negativi di un altro?

John Perry


Nove ore di lezione di Introduction to Economics in arretrato da recuperare, moltissimi amici che non vedo da un sacco da incontrare o almeno sentire, una simulazione di una seduta parlamentare dell’UE a cui iscrivermi, il sito di Scambi Festival da concludere, un’infinità di cosine da sistemare su questo sito, il Patto Associativo dell’AGESCI e il Progetto Educativo della mia Co.Ca. da leggere, quattordici email da inviare (a persone che, diversamente dal prof. Perry, dubito mi risponderanno), quitsocialmedia.club da aggiornare e sistemare secondo suggerimenti ricevuti negli ultimi mesi, lavare la macchina, finire di riordinare i 72GB di dati provenienti dai miei account Instagram, Twitter e Facebook eliminati, configurare l’accesso via SSH a Linuxplosion (il mio adorabile PC fisso da me assemblato due anni fa), Le notti bianche, uno dei più semplici e brevi romanzi esistenti – che giace sul mio comodino da mesi – da finalmente concludere, cercare di capire cosa non va nel mio server e risolvere i problemi di Træfik, gli appunti di Introduction to Politics da aggiungere su PISE Notes sono solamente la punta dell’iceberg (circa un terzo) di tutto ciò che io dovrei fare in questo momento, ma, per non occuparmi di tutte queste più importanti, urgenti e pressanti faccende, ho deciso di scrivere questo.

Il prof. Perry omette il livello di pressione, fibrillazione, inquestudine e tormento che l’essere un procrastinatore comporta; ispirandomi a Machiavelli, da buon deceiver io ho imparato a simulare e dissimulare non solo con gli altri, ma anche con me stesso, riguardo quali sono le mie priorità.
Certo, l’Arte del procrastinare è un’arte nobile e una filosofia di vita eccezionale, ma, come tutte, comporta un prezzo piuttosto salato da pagare, tuttavia per me sicuramente minore rispetto ad altri modi di vivere.

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