Tommi Space

Borderlife

un migrante disegna a terra con un gesso

Ho 16 anni, quasi 17, è estate, sono contento di essere in vacanza e me la godo.

Va tutto bene, sono stato promosso, ho una gran voglia di fare qualcosa, per questo faccio molte attività e non vedo l’ora di andare da qualche parte all’estero a studiare, a visitare il mondo. Ma cavolo, cavolo, solo poco fa mi sono reso conto che questi miei sogni, questa mia vita, non sono la normalità, sono un lusso!
Scorrono sulla nostra pelle reportage al telegiornale che raccontano storie spesso raccapriccianti che al massimo ci fanno drizzare i peli e ci paralizzano per qualche minuto. Bene, poi tutto passato, abbiamo capito che è successo qualcosa di bello o di male a qualcuno in giro, ci dispiace e stop. Però accidenti! Sto imparando a concepire le notizie diveramente, perché ho avuto la fortuna di passare qualche giorno a Ventimiglia. Cercando un po’ su internet, è facile trovare qualche informazione sulla situazione, mentre è totalmente diverso esserci. Ora come ora, per me non è stato drastico o drammatico, eppure sconvolgente. Quella situazione di “emergenza” lo è a livello mediatico, politico, sociale. Quando Adam sorridendo viene ad aprirti questo cancello della Chiesa di Sant’Antonio a Roverino, frazione di Ventimiglia, tu non vedi un’emergenza, vedi piccoli uomini, famiglie, storie, vite. Inizialmente io mi sono veramente sentito scombussolato.

Nel piccolo “campo” provvisorio allestito presso la Parrocchia di S.Antonio per le famiglie ed i minorenni, essendo quello da 300 persone gestito dalla Croce Rossa pieno, si passa il tempo tutti insieme, tutti allo stesso modo. Ci sono persone della MIA età che hanno viaggiato sole, per mesi, con mezzi pazzeschi (letteralmente). Fra una partita e l’altra, mi sento a disagio nel chiedere where do you come from? o how old are you? e dopo un po’ che chiacchieriamo mi sento di domandare where do you wanna go?. Solamente dopo uno o due giorni passati nel campo a dipingere, dare lezioni di italiano, fare da traduttore per i medici, imparare scioglilingua in arabo ci si sente parte di quel piccolo mondo.

Unicamente dopo essere tornato a casa, stremato e bollito, mi rendo conto della fortuna di cui ho parlato prima: a parte la condizione in cui si trovano ora, ci sono miei coetanei che, mentre io mi organizzo per una festa con gli amici fra una settimana, loro con il sorriso mi dicono I’m goin tu stai tri monfs her and then try tu go in Inghilterr. Non posso che ammettere che li stimo. Le conversazioni con loro non sono dialoghi: sono spettacolari esibizioni teatrali dove tre parole su quattro sono in arabo, le mani si agitano velocemente e gli occhi mi scrutano per osservare la mia reazione. Nel campo, la tensione è palpabile, è facile che nasca un litigio, che scoppino discussioni per piccole incomprensioni, eppure regna una perenne inspiegabile armonia, positività, voglia di vivere.

Si gioca a calcio sotto il sole di mezzogiorno, si stringono migliaia di mani, si ride per una clamorosa perdita a carte. Ne ho parlato anche in questa puntata.

Ci sono coloro che rompono, come sempre, dicendo che i ragazzi che arrivano da laggiù sprecano le nostre risorse, passano il tempo facendo nulla. Scrivo loro due cose:

  1. Andate a Casa Papa Francesco, a Sanremo. Lì ci sono persone che sono arrivate dai più strani posti del mondo e in casa tornano solo per dormire, il resto del giorno sono a fare tirocini. Sono quelli che al posto di tentare di proseguire verso mete più lontane hanno deciso di restare in Italia, vivere qui.
  2. Come volete impiegare il tempo di ragazzi che hanno viaggiato per mesi su deserti di sabbia e poi sul deserto blu più pericoloso di tutti?

Tuttavia, sono ottimista: sento che un giorno, qualcuno di quelli che si vedono in TV riuscirà ad avere un’illuminazione per far cessare le gravi controversie che costringono i nativi ad emigrare, non costringendo vite ad essere interrotte o drasticamente cambiate.

Noi siamo fortunati, noi possiamo fare qualcosa, dobbiamo farci sentire, dobbiamo amare! Noi siamo adolescenti, noi possiamo essere ascoltati. Loro sono gente in gamba simpatica, solo molto sfortunata. Invidio loro solamente una cosa, sanno giocare a calcio troppo meglio di me.

P.S.: la mia amica Anna, che è venuta con me per qualche giorno, ha scritto qualcosa di più profondo ed importante che dovete leggere, qui.

Migranti che pranzano
Un ragazzo che calcia un pallone verso una porta vuota
Un signore mi osserva mentre gli scatto una foto
Vestiti stesi sulle transenne ai bordi del campo da calcio
Un ragazzo mi fa un braccialetto colorato
Dei ragazzi gonfiano un pallone da calcio con una pompetta
Un bambino gioca per terra
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